mercoledì 25 settembre 2013

Un dolce per ricordare: Torta delle rose con crema pasticcera


La tradizione narra che la torta delle rose sia nata a Mantova nel 1490 per festeggiare le nozze tra Francesco II Gonzaga e Isabella d'Este. La sua incredibile morbidezza e il profumo di burro, che si cela nelle volute dei suoi boccioli, conquistò a tal punto la sposa che, come vuole la leggenda, da allora prese ad accogliere gli ospiti della corte dei Gonzaga, molto nota all'epoca per i suoi fastosi banchetti e i piatti elaborati, con una rosa appena sfornata. Storia e leggenda hanno fatto sì che la ricetta di questa torta, che ci parla d'altri tempi, sia stata sapientemente tramandata di generazione in generazione.
Oltre al fascino della tradizione la torta delle rose ha per me un significato speciale: non posso nominarlo senza che la memoria torni ai pomeriggi trascorsi nella cucina della golosissima nonna Lina a preparare l'impasto e montare generose quantità di crema burro sotto la sua accurata e benevola supervisione. Questo dolce parla, dunque, un po' di me e soprattutto di questa nonna, che mi ha trasmesso il piacere di stare in cucina oltre ad un'incredibile quantità di ricette dal gusto antico e ormai perduto. Da quando lei non c'è più non mi sono mai sentita di rifarlo - fino a poco tempo fa era uno dei pochi dolci del mio repertorio, prima di scoprire la pasticceria moderna- nel timore che avrebbe perso tutto il suo incantevole sapore, insomma che sarebbe stata tutta un'altra cosa. Forse anche per questo motivo, almeno per la prima volta dopo tanti anni, ho deciso di sostituire alla classica versione con la crema burro una non meno gustosa farcitura di crema pasticcera.
L'altra novità è l'impasto lievitato naturalmente, scelta ormai obbligata visto che da circa  tre anni sono "accuditrice", a volte ahimé un po' negligente, di pasta madre. In questo caso ho rielaborato una ricetta di profumodibiscotti, per il procedimento mi sono affidata, come sempre ormai per i lievitati, all'infallibile aniceecannella.


Per una teglia di 26 cm di diametro

Impasto a lievitazione naturale 
130 g pasta madre
120 g latte
400 g farina 00 W330 (oppure 50% 00, 50% manitoba comune)
  50 g zucchero
  60 g burro
    2    uova
    1    presa di sale

Crema pasticcera profumata al limone
400 g latte
    6    tuorli
  80 g zucchero
  30 g amido di mais
    1    limone
   1/2  baccello di vaniglia

1. Sciogliere la PM in 60 g di latte tiepido con un cucchiaio di zucchero e unire 100 g di farina. Arrotondare, incidere a croce, coprire con la pellicola e far lievitare per ca. un'ora o comunque fino al raddoppio (io per necessità di tempo ho posto in forno spento con luce accesa).
2. Intanto preparare la crema: portare ad ebollizione il latte con le scorze del limone; amalgamare con la frusta i tuorli con lo zucchero, la vaniglia e l'amido e stemperare un po' di succo di limone. Incorporare gradualmente il latte precedentemente filtrato, mescolando sempre. Far cuocere a fuoco basso, continuando a mescolare, fino a quando la crema raggiunge il grado di densità desiderato. Far raffreddare velocemente in un bagnomaria di acqua fredda, ricoprire con pellicola a contatto e riporre in frigo.
3. Riprendere l'impasto con la foglia, alternando il latte rimasto, zucchero, uova fino ad assorbimento e inserendo ogni volta farina quanto basta per incordare (nell'ultimo inserimento con il sale) e tenendone un po' da parte per la fase finale. Aggiungere il burro a pezzetti in 3 volte fino a completo assorbimento, ribaltando l'impasto ogni tanto, e la farina rimanente. Inserire il gancio e far incordare bene. Arrotondare, coprire con pellicola e far lievitare fino a raddoppio.
4. Stendere l'impasto in un rettangolo lungo e abbastanza stretto ad uno spessore di ca. 1/2 cm, spalmarvi sopra la crema e arrotolare dal lato lungo. Con una spatola tagliare i boccioli di rosa, lunghi ca. 6-7 cm,  o comunque a seconda di quanto li si vogliano grandi; riporre i boccioli ad una certa distanza l'uno dall'altro in una teglia rivestita di carta forno e far lievitare di nuovo finché i boccioli non si toccheranno.
5. Cuocere a 180° per 35/40 minuti
6. Inutile dirlo, sarà difficile resistere al profumo sparso per casa, gustare ancora tiepida!



venerdì 20 settembre 2013

Un classico della pasticceria francese: Tartelettes al limone meringate


Sono sempre stata golosa, ho una buona memoria gustativa, perciò molti dei miei ricordi sono legati al cibo e in particolare ai dolci. Il mio primo incontro con la pasticceria vera e propria, che andasse al di là delle torte della tradizione di casa, è avvenuto in Austria, meta di numerose vacanze con la famiglia. Come non rimanere rapiti e sopraffatti davanti al vastissimo assortimento di torte superfarcite e sormontate da chili di panna tipo Foresta Nera? L'entusiasmo iniziale lasciava, però, troppo presto spazio ad un senso di pienezza tale da non riuscire spesso neanche a finire l'agognata fetta. Nonostante continui ad amare alcuni dolci tipici della tradizione austriaca e tedesca, di cui spesso parlerò su queste pagine, ritengo che la Pasticceria con la P maiuscola sia quella francese, per la sua varietà, la qualità degli ingredienti di base, la raffinatezza nell'abbinare sapori e l'eleganza nella presentazione.
Tra i grandi classici della tradizione dolciaria d'oltralpe la torta al limone meringata è sicuramente uno dei miei preferiti. La combinazione del gusto acidulo della crema al limone con la dolcezza assoluta della meringa è davvero interessante per l'equilibrio che riesce a donare al dolce nel suo insieme. A completare l'opera un guscio friabile di pasta frolla - che può essere arricchita da farina di mandorle o nocciole- che avvolge la cremosità dei due composti.
Molto elegante sia nella versione tarte che tartelette grazie alle morbide e dorate onde di meringa, è un dolce non particolarmente impegnativo ma di grande effetto e facilmente abbinabile a diversi tipi di menu.


Per 6 tartelettes

Pasta sucrée (da una ricetta di Pierre Hermé)
160 g burro
  40 g mandorle in polvere
100 g zucchero a velo
     2   uova + 1  tuorlo
300 g farina 00
   1/2 baccello di vaniglia
         la scorza di un limone
         una presa di sale

Crema al limone (da una ricetta di Salvatore De Riso)
  80 g tuorli 
  60 g zucchero
  80 g succo di limone
  60 g burro

Meringa italiana
  90 g albumi
170 g zucchero semolato
  50 g acqua

1. Per la pasta sucrée (si può preparare anche il giorno prima e conservare in frigo): lavorare il burro a pomata con lo zucchero a velo, aggiungere le mandorle in polvere, il sale, la vaniglia e la buccia grattugiata del limone. Di seguito unire l'uovo e il tuorlo e la farina senza lavorare troppo l'impasto. Appiattire, ricoprire con la pellicola e far riposare in frigo un paio d'ore (meglio ancora una notte).
2. Per la crema al limone: spremere il succo dei limoni e porre la scorza precedentemente grattugiata in infusione nel succo per 20 minuti. Sbattere i tuorli con lo zucchero e diluirvi 60 g di succo di limone passato al setaccio. Porre sul fuoco e cuocere mescolando sempre fino a 82° o a velatura del cucchiaio. Bloccare la cottura immergendo il pentolino in un recipiente di acqua fredda. Mixare per circa 1 minuto fino ad ottenere una crema liscia. Raffreddare fino a 50° ed incorporare il burro a pezzetti. Emulsionare con il mixer e coprire con pellicola a contatto diretto con la crema. Far raffreddare un paio d'ore in frigo.
4. Scaldare il forno a 180°. Stendere la pasta finemente (non più di mezzo cm) e rivestire gli stampini imburrati e infarinati. Riporre in frigo per 15-20 minuti, coprire la pasta di carta forno e pesi di cottura ( vanno bene anche ceci o fagioli) e cuocere in bianco per 15 minuti fino a doratura della pasta. Far raffreddare.
5. Per la meringa: far bollire l'acqua con lo zucchero a 121°; intanto montare gli albumi prima a velocità moderata, quando assumeranno un aspetto schiumoso aumentare la velocità e versare lo zucchero in tre volte incrementando gradualmente la velocità. Dovranno risultare sodi e brillanti e, sollevando la frusta, dovranno formare il tipico bec d'oiseau, ovvero una punta a forma appunto di becco.
6. Riempire i gusci di pasta sucrée con la crema al limone, distribuirvi sopra la meringa con una sac à poche e dorare leggermente con il cannello o passare sotto il grill del forno a 200-220° per un paio di minuti. 



venerdì 13 settembre 2013

Un dolce per salutare l'estate: Entremet al Moscato d'Asti, pesche gialle e lavanda




Per salutare quest'estate che si sta allontanando ho pensato di parlare di un dolce dal gusto delicato, la cui ideazione e preparazione mi ha molto appassionata. Si tratta di un entremet monoporzione, parola francese che indica  un dessert composto da diversi strati - come mousse, bavaresi, cremosi, biscuit e rivestito il più delle volte da glasse a specchio- e che in italiano corrisponde al concetto di "torta moderna", ossia una torta che rivisita anche sapori tradizionali in chiave appunto moderna, attribuendo grande importanza all'eleganza della presentazione.
L'idea di questa monoporzione nasce dalla bellissima Torta Canelli di Luca Montersino, che prende il nome dal famoso Moscato bianco prodotto nel territorio di Canelli di Asti, un vino dolce particolarmente fragrante ed aromatico (da non confondere con lo spumante) che è il protagonista assoluto di questo dessert. In particolare ho utilizzato la ricetta della gelatina al Moscato, cui ho aggiunto fiori di lavanda, mentre per la bavarese, sempre al Moscato, mi sono affidata all'impeccabile Paco Torreblanca, rielaborando la sua fantastica mousse allo champagne. Al suo interno ho posto un cuore di gelée alla pesca, un abbinamento ispirato al Bellini, pur avendo usato in questo caso pesche gialle e non bianche come prevede il noto cocktail dell'Harry's Bar. Per la base ho sostituito il classico biscuit con degli amaretti sbriciolati, d'estate lo faccio spesso per evitare di usare il forno... L'utilizzo della lavanda, ormai molto diffuso in pasticceria in combinazione proprio con le pesche sotto diverse forme (biscotti, gelato, confettura), mi ha entusiasmata. Sperimentandola per la prima volta in cucina e temendo che il suo profumo fosse eccessivamente dominante, questa volta ho preferito non esagerare; il risultato mi è parso delicato e piacevole, ma forse si può osare di più.

Per 6-8 monoporzione

Base tipo "cheesecake"
150 g amaretti
100 g biscotti (tipo digestive)
  90 g burro fuso

Gelée di pesca
400 g purea di pesca
 80 g zucchero
6-7 g gelatina in fogli
qualche cucchiaino di succo di limone

Bavarese al Moscato d'Asti 
300 g Moscato
  40 g zucchero
140 g tuorli
  20 g succo limone
  10 g gelatina in fogli
500 g panna semimontata

Gelée al Moscato e lavanda
230 g Moscato
  45 g miele
  10 g gelatina in fogli
un cucchiaio di fiori di lavanda essiccati

1. Per la gelèe: idratare la gelatina in acqua fredda. Scaldare un terzo della purea, unire lo zucchero, il succo di limone e la gelatina. Amalgamare bene e aggiungere al resto della purea. Versare all'interno di un quadro in acciaio e congelare.
2. Per la base: sminuzzare biscotti ed amaretti nel mixer e amalgamare bene con il burro. Riporre il tutto sul fondo di anelli per monoporzione (7-8 cm diametro) rivestiti di acetato e livellare. Far raffreddare bene.
3. Per la bavarese: idratare la gelatina; scaldare il Moscato con il succo di limone senza superare i 70°. A parte mescolare i tuorli con lo zucchero e sbianchire. Versare sopra gradualmente il Moscato caldo e finire di cuocere a 85°. Abbassare a 65°, unire la gelatina ben strizzata e asciugata. Setacciare e far scendere a 30°. Solo allora unire la panna semimontata, prima solo qualche cucchiaiata per rendere più fluido il composto, poi in più volte il resto, mescolando dal basso verso l'alto. Versare all'interno degli anelli e congelare.
4. Per la gelée al Moscato: idratare la gelatina. Scaldare parte del Moscato a 70° con i fiori di lavanda e sciogliervi il miele.  Setacciare ed aggiungere la gelatina strizzata amalgamando bene. Unire il resto del Moscato e qualche fiore di lavanda. Far raffreddare e versare sulla bavarese congelata - prima di sformare dagli anelli - avendo precedentemente disposto delle fettine sottili di pesca (consiglio delle pesche noci). Far rapprendere in frigo.

P.S. Il dolce nella foto è una versione precedente, senza la gelée di Moscato, ma servita con una dadolata di pesche profumate alla lavanda







sabato 7 settembre 2013

Di pasticceria, arte e... un po' di storia

"Le belle arti sono cinque e cioè: la pittura, la scultura, la musica, la poesia e l'architettura, che ha come suo ramo principale la pasticceria". Marie Antoine Carême

Quando ho letto per la prima volta questa frase, ho pensato che riflettesse perfettamente la mia concezione di pasticceria. Credo di essere un'amante del bello, il che può considerarsi una fortuna ma anche una sfortuna, visto che il "bello" in fondo è un ideale al quale è possibile solo avvicinarsi e che per questo crea non poche frustrazioni.


Marie Antoine Carême, uno dei più noti pasticceri e cuochi francesi vissuto tra il '700 e l'800, ne sapeva qualcosa, di quanto fosse importante applicare la categoria del bello al gusto e dedicò la sua vita a perfezionare l'arte culinaria francese, in particolare la pasticceria che, pur avendo raggiunto il suo apice, secondo lui aveva bisogno di un rinnovamento nella presentazione. Divenne infatti famoso per i cosiddetti pièces montées, vere e proprie opere d'arte fatte di zucchero, marzapane, torroni e meringhe alte anche più di un metro e per le quali si ispirava a strutture architettoniche tratte da testi di architettura. L'interesse per l'estetica delle sue creazioni non andò comunque assolutamente a discapito del gusto: Carême, autore tra l'altro di uno dei più importanti testi di gastronomia della storia, applicò in cucina il concetto pittorico di "valore" secondo il quale sapori ed odori non devono essere giudicati in assoluto ma per il rapporto che si crea tra di essi. In entrambi i casi si trattava di rivoluzioni per le quali  Carême è riconosciuto come uno degli inventori della pasticceria moderna.
Convinta sostenitrice de "l'occhio vuole la sua parte" anche in cucina... ma solo se c'è gusto, comincio questo viaggio da qui. Spero di poterlo condividere con chi, come me, è goloso, coraggioso nello sperimentare insoliti ingredienti, curioso di nuove ed inaspettate combinazioni di sapori e, perché no, pensa che il cibo possa, anzi debba, appagare più sensi contemporaneamente.