lunedì 23 dicembre 2013

Profumo di Natale garantito: Zimtsterne - stelline di cannella


Dopo un lungo silenzio obbligato ecco una ricetta natalizia per augurare buone feste. Come molti altri appassionati di pasticceria sapranno bene, questo è il periodo dell'anno in cui si trascorre più tempo in cucina... ed è da qui che si sprigiona il vero profumo di Natale. Per me questo profumo sa di cannella, zenzero, cardamomo, chiodo di garofano...
La ricetta di queste stelline di cannella, ricoperte da una sottile coltre di neve, è di Tuki de La ciliegina sulla torta; rispetto all'originale ho sostituito metà farina di mandorle con altrettanta farina di nocciole.



Per ca. 30 stelline:

300 gr farina di mandorle e/o nocciole
150 gr zucchero a velo
  50 gr albumi
    1 cucchiaino di succo di limone
    3 cucchiaini di cannella
    1 cucchiaino di zenzero
    1 punta di chiodi di garofano
    1 presa di sale


Per la glassa:
1 albume
200 gr zucchero a velo
1 cucchiaino di succo di limone

1. Mescolare le farine con le spezie ed il sale; montare gli albumi e quando diventeranno spumosi aggiungere il limone e lo zucchero gradualmente fino ad ottenere una massa lucida e ferma.
2. Unire la meringa alle farine ed incorporare pian piano fino ad amalgamare bene l'impasto. Riporre in frigo per almeno un'ora.
3. Cospargere di zucchero a velo il piano di lavoro e stendere l'impasto a ca. 1/2 cm. di altezza. Ritagliare le stelle passando il tagliabiscotti nello zucchero a velo dopo ogni taglio. Cuocere a 150° per ca. 15 minuti. Far raffreddare completamente.
4. Preparare nel frattempo la glassa montando l'albume con il limone e lo zucchero a velo  fino ad ottenere una massa lucida. Ricoprire le stelline di glassa con l'aiuto di un coltellino a punta tonda. Si conservano a lungo in una scatola di latta.



giovedì 12 dicembre 2013

Una sinfonia alle castagne: la Torta Marronier di Paco Torreblanca



Una torta indubbiamente dedicata a chi ama questo frutto autunnale qui declinato in tre diverse consistenze: un biscuit al cucchiaio, uno sformato di castagne caramellato e una crema leggera di castagne e rum. Un'autentica poesia di golosità raffinata. Paco Torreblanca è un vero e proprio maestro nella creazione di dolci  dal grande equilibrio tra sapori ed estetica; nel libro cult che porta il suo nome - il mio primo volume dedicato ai professionisti dell'arte bianca- spiega in maniera molto chiara la sua idea di dolce:"La tecnica di preparazione deve cercare di esaltare i toni gustativi, affinché il palato possa riconoscerli senza difficoltà e chi assaggia le mie preparazioni riesca a distinguere i diversi ingredienti, senza dover ricorrere ad un sovrasforzo di memoria gustativa, conducendolo all'obiettivo finale, il piacere." Altrettanto illuminanti sono le parti in cui parla delle strutture come elementi per esaltare il sapore, come avviene proprio in questo caso, delle proporzioni delle torte e ovviamente dell'accuratezza nella presentazione. A questo proposito conclude così: "Dunque l'odierna pasticceria provoca con il suo aspetto visivo curiosità presso il consumatore che vuole gustare il dessert per conoscerne il sapore, oltre a stimolare il desiderio di scoprire quali segreti racchiude; noi non possiamo e non dobbiamo deludere queste aspettative. Dobbiamo essere creativi e rigorosi, senza mai cadere negli eccessi, in modo da offrire il meglio di noi stessi e dare piacere a chi gusta le nostre piccole opere dolci."  Il concetto di pasticceria moderna è racchiuso tutto in queste parole.

Per un cerchio di 24 cm di diametro

Biscotto al cucchiaio di castagna
225 g albumi
145 g tuorli
115 g farina 00
  50 g amido di mais
100 g zucchero
  70 g purea di castagne
un pizzico di sale

Sformato di castagne caramellato
125 g latte
125 g panna
1 bacca di vaniglia
 60 g tuorli
 40 g zucchero
100 g pasta di castagne
pezzetti di castagne

Crema leggera di castagne e rum
700 g crema pasticcera
    8 g gelatina in fogli
400 g pasta di castagne
  35 g copertura fondente al 50%
  40 g rum
500 g panna

1. Per il biscotto sbattere leggermente i tuorli con la purea di castagne. Montare gli albumi con lo zucchero ed il sale, mescolare tuorli ed albumi, aggiungere le farine e mescolare. Cuocere a 200° per 15 minuti ca.
2. Per lo sformato incidere e svuotare sopra il latte e la panna le bacche di vaniglia. Mescolare a freddo tutti gli ingredienti tranne i pezzetti di castagne. Versare in uno stampo di silicone ad 1 cm di altezza e cospargere sulla superficie le castagne a pezzetti. Cuocere a 180° per un'ora circa. Raffreddare, congelare e caramellare ancora congelato cospargendo di zucchero e bruciando con il cannello poco prima dell'utilizzo.
3. Aggiungere alla crema pasticcera calda la gelatina ammorbidita, la copertura fusa e la pasta di castagne. Mescolare bene e far raffreddare a 30°, aggiungere il rum intiepidito ed infine la panna semimontata.
4. Montaggio al contrario: versare uno strato di ca. 1/2 cm di crema, collocare sopra il disco di sformato, un altro strato di crema e terminare con il disco di biscotto al cucchiaio bagnato con sciroppo (io ho usato lo sciroppo dei marrons glacès). Congelare, capovolgere, sformare e glassare con la glassa nera (io uso quella di Faggiotto, molto diffusa sul web).



giovedì 28 novembre 2013

La Saint Honoré: un compendio di arte pasticcera



La Saint Honoré è un vero e proprio mostro sacro della pasticceria, innanzitutto per la sua composizione che richiede una certa conoscenza dei principali impasti base, ma anche per la sua storia. Questo dolce porta infatti il nome del santo patrono dei panettieri, pasticceri e confettieri francesi, la cui festa si celebra il 16 maggio, ed è in suo onore che nel 1846 il pasticciere Chiboust, il cui negozio aveva sede proprio in Rue du Faubourg St. Honoré, ideò il gâteau Saint Honoré. Proprio a questo pasticciere si deve il nome della crema che viene utilizzata per farcire il dolce, la crema Chiboust appunto, ossia una crema pasticcera alleggerita con meringa italiana.
Di questo classico della pasticceria francese esistono numerose versioni, alcune delle quali si discostano moltissimo dall'originale, che prevede; base di pasta sfoglia, pasta choux per il cordone sul quale vengono disposti i bignè e crema chiboust.
In Italia la Saint Honoré è diventata ben altra cosa, con una base di pan di spagna al posto della sfoglia e crema pasticcera con chantilly invece della Chiboust spesso alternata a crema al cioccolato. Anche esteticamente il risultato è parecchio diverso: se questa versione italiana risulta molto "barocca" per l'altezza e i ridondanti ciuffi di panna con cui viene decorata, l'originale francese è indubbiamente molto più elegante e raffinata grazie all'utilizzo di una bocchetta detta proprio "Saint Honoré" che permette di distribuire la crema in modo regolare ma non per questo meno scenografico e soprattutto grazie al sontuoso ma delicato effetto del caramello con cui vengono glassati i bignè. Basta fare una ricerca per immagini per accorgersi della differenza.
Io non ho avuto dubbi nel preferire la ricetta classica, così mi sono messa all'opera per affrontare questo colosso... due giorni di lavoro intenso per "fabbricare" una versione che si avvicinasse il più possibile all'originale. Non poteva però mancare una nota personale: visto che l'ho realizzata per festeggiare il compleanno del mio papà, goloso di castagne, ho aromatizzato parte della farcitura con crema di marroni (home made) e non potevo non decorare con rottami di marron glacé (primo tentativo casalingo). E poi... poteva mancare una punta d'oro?


Per un gâteau di 24 cm di diametro

250 g pasta sfoglia
600 g pasta choux
(Per entrambe le preparazioni ho seguito le ricette di Montersino tratte dal libro "Peccati di gola")

Per la crema aromatizzata alle castagne
250 g crema pasticcera
100 g crema di castagne
   3  g gelatina in fogli
180 g panna

Aggiungere alla crema pasticcera calda la gelatina, precedentemente ammollata e poi strizzata per bene, e la crema di castagne. Mescolare fino ad ottenere una crema liscia, raffreddare a 30° e aggiungere la panna montata. Con questa crema ho farcito i bignè e ho fatto un primo strato su cui poi ho steso la Chiboust.

Per la crema Chiboust
250 g crema pasticcera
    6 g gelatina in fogli
150 g zucchero
  30 g acqua
  90 g albumi

1. Scaldare la crema pasticcera e sciogliervi la gelatina ammollata e strizzata. 
2. Far cuocere 100 g di zucchero con l'acqua a 121° e versare poi a filo sugli albumi montati nel frattempo con gli altri 50 g di zucchero. Unire alla meringa la crema pasticcera ancora calda. Far raffreddare bene per dar tempo alla crema di rapprendersi, solo così si riuscirà a stendere bene con l'aiuto del sac à poche munito di bocchetta Saint Honoré.

Per il caramello 
200 g zucchero
  50 g acqua

Portare lentamente ad ebollizione, spennellando le pareti del pentolino con un pennello immerso nell'acqua fredda per evitare che lo zucchero cristallizzi. Quando la temperatura raggiunge i 160° abbassare la fiamma e cuocere fino ad ottenere un caramello ambrato. Togliere dal fuoco ed immergere i bignè posandoli poi su un tappetino di silicone. Una volta che il caramello è asciutto e si staccherà bene dal silicone immergere i bignè dall'altro lato per incollarli sul cordone della torta. 
A questo punto non resta che distribuire la crema all'interno della corona.




domenica 17 novembre 2013

Tea time! Scones con farina integrale ed uvetta




Pare che il rito inglese dell' afternoon tea abbia preso inizio verso la metà dell'800 grazie alla Duchessa Anna di Bedford che, per placare i frequenti languori tra il pranzo e la cena, era solita consumare un piccolo pasto a metà pomeriggio. Ben presto questa consuetudine di bere una tazza di tè accompagnata da spuntini dolci e salati si diffuse fra la nobiltà inglese diventando una vera e propria moda.

Io ho cominciato ad amare il tè durante i mesi trascorsi a Berlino. La famiglia che mi ospitava era solita bere diversi tipi di tè a tutte le ore del giorno, praticamente al posto dell'acqua. E' stato lì che ho conosciuto le varietà che ora amo di più, come l'assam e il darjeeling, ma soprattuttto che ho imparato quanto una tazza di questa bevanda possa "riscaldare" in tutti i sensi le giornate più fredde. Non è certo un caso che la famosa cerimonia giapponese del tè, tra le massime espressioni della pratica zen, sia una vera e propria forma di culto fondato sull'adorazione del bello per dimenticare gli affanni e la vanità dell'esistenza quotidiana.

Ma torniamo in Inghilterra...Su una tavola apparecchiata per l'afternoon tea insieme a pasticcini, sandwiches e torte non possono certamente mancare gli scones, dolcetti di origine scozzese simili a piccoli panini, poco dolci e per questo ideali per essere farciti. L'unico segreto della loro riuscita sta nel lavorare il più velocemente e il meno possibile gli ingredienti: l'impasto risulterà così soffice e durante la lievitazione in cottura svilupperanno quella caratteristica spaccatura che sembra essere fatta apposta per poterli aprire facilmente e riempirli con burro e marmellata o, come vuole la tradizione, con burro di fragole.

Per ca. 12 scones

150 g farina 00
130 g farina integrale
  70 g burro
  40 g zucchero di canna
  50 g uvetta
    1 uovo
160 g panna ( o latte) + un po' per lucidarli)
  12 g lievito
    1 pizzico di sale


1. In una ciotola mescolare la farina con il lievito ed il sale e setacciare. Tagliare il burro a pezzetti e metterlo sugli ingredienti secchi, lavorando con la punta delle dita per ottenere un composto sabbioso. Aggiungere l'uvetta precedentemente ammorbidita nell'acqua tiepida e tritata e mescolare. Formare una cavità al centro.
2. In un'altra ciotola sbattere l'uovo con lo zucchero, unire la panna e mescolare bene. Versare il composto nella cavità. Mescolare velocemente e leggermente con una spatola giusto per amalgamare gli ingredienti.
3. Sul piano di lavoro infarinato rovesciare l'impasto e lavorarlo rapidamente per renderlo omogeneo. Appiattirlo come se fosse una focaccina alta ca. 3-4 cm e infarinarlo leggermente.
4. Tagliare gli scones con un coppapasta di 5 cm infarinato dopo ogni taglio. Per staccarli dal coppapasta basterà agitare quest'ultimo dall'alto in basso. Spennellare gli scones con un po' di panna e cuocere a 180° per 15 minuti circa. Servire tiepidi.



lunedì 11 novembre 2013

Comfort food per giornate grigie: crostate di mele e pane con streusel al marzapane


Ci sono giornate che stentano a prendere il volo, se poi fuori il tempo si accanisce con continui acquazzoni e raffiche di vento che ci ricordano che è autunno - anche se fino a poco fa novembre ci aveva regalato calde giornate- non resta che farsi consolare da una fetta di torta. Il potere del cibo di farci sentire meglio attraverso profumi e sapori è davvero straordinario. Secondo alcune teorie il comfort food sarebbe legato al rapporto con la figura materna, dispensatrice per eccellenza di cibo e di affetto; per questo motivo ci facciamo coccolare per lo più da cibo semplice, casalingo, che ci riporterebbe, più o meno inconsciamente, ai giorni felici dell'infanzia. Proust ha dedicato alcune delle pagine più belle e memorabili della letteratura proprio all'incantesimo evocativo del cibo nel celebre episodio della madeleine.
La torta di mele rientra perfettamente nella categoria di cibo consolatorio e rinfrancante: è un classico della pasticceria di casa, tanto che quasi ogni famiglia custodisce più o meno gelosamente la sua versione. Gli ingredienti sono semplici e il profumo che sprigiona anche solo durante la cottura basta a scaldare il cuore, a far svanire i brutti pensieri, a farci sentire a casa anche se siamo lontani.
Oggi ho scelto la crostata di pane e mele di Luca Montersino, davvero ottima nell'abbinamento della consistenza croccante del guscio esterno della frolla e dello streusel (impasto a base di burro, zucchero e farina che si sbriciola, molto utilizzato nella pasticceria tedesca) con la morbidezza del ripieno, quest'ultimo non eccessivamente umido grazie all'utilizzo del pane raffermo. Non poteva mancare la cannella...

Per uno stampo da 24 cm di diametro

Per la pasta sucrée
300 g farina 00
125 g burro
100 g zucchero
    2 uova
un pizzico di sale

Per il ripieno
400 g mele
  60 g uvetta
  20 g pinoli (non li avevo, li ho sostituiti con mandorle a lamelle)
  30 g rum
  40 g burro fuso
120 g pane
  80 g latte
la buccia grattugiata di un limone
cannella a piacere

Per lo streusel
300 g farina 00
150 g marzapane
130 g burro
2 cucchiaini di lievito

inoltre serviranno:
confettura di albicocche
zucchero a velo

1. Lavorare la farina con il burro tagliato a dadini, lo zucchero e il sale fino ad ottenere un composto sabbioso. Aggiungere le uova e lavorare fino a quando l'impasto risulta liscio. Avvolgere la pasta nella pellicola e far riposare in frigorifero per 1-2 ore prima di usarla (ancora meglio prepararla il giorno prima).
2. Tagliare il pane a cubetti e ammorbidirlo con il latte. Unirlo poi alle mele tagliate a dadini, l'uvetta precedentemente ammorbidita, i pinoli, il rum, il burro fuso, la cannella, la scorza di limone e amalgamare il tutto.
3. Lavorare con la foglia il marzapane poi unire il burro ammorbidito ed infine poco per la volta la farina setacciata con il lievito. Far riposare l'impasto per streusel in frigorifero per 30 minuti.
4. Foderare lo stampo imburrato con la pasta frolla, bucherellare il fondo e spalmare sopra la confettura di albicocche. Adagiare sopra il ripieno di mele e pane e completare con gli streusel ottenuti lavorando l'impasto con le punta delle dita. Infornare a 200° per 45-50 minuti (se lo streusel prende troppo colore coprire con l'alluminio).




venerdì 1 novembre 2013

Semplicissimo cake ai semi di papavero e limone


Dopo qualche settimana di silenzio e inattività - forzata si intende, visto che in casa c'erano già troppi dolci da smaltire - ho scelto una ricetta molto semplice e leggera. Questo cake ai semi di papavero e limone è molto popolare e se ne trovano diverse versioni sui blog di pasticceria. Da tempo mi ero ripromessa di provarlo, tentata soprattutto dall'uso dei semi di papavero in accoppiata con il limone. Il gusto è veramente molto piacevole e la consistenza dei semi di papavero, che sembrano quasi scoppiettare sotto i denti all'interno di un impasto morbido e soffice, dona al dolce un aspetto insolito e divertente.
Non amo molto le glasse a base di zucchero ma in questo caso consiglio vivamente di colare sul cake una semplice glassa di zucchero e limone che farà risaltare il suo tipico gusto acidulo. Perfetto per colazione o per accompagnare una buona tazza di tè.

190 g farina
 60  g fecola
 10  g lievito
   3  uova
100 g zucchero di canna chiaro
    2 limoni
130 g olio (io ho usato olio evo delicato e una piccola parte di olio evo profumato al limone)
    3 cucchiai di semi di papavero
       vaniglia

Per la glassa:
100 g zucchero a velo
       il succo di 1/2 limone

Lavorare le uova con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e bello spumoso. Aggiungere a filo il succo di limone e la scorza grattugiata insieme all'olio mescolando delicatamente. Setacciare le farine con il lievito e aggiungere gradualmente all'impasto cercando di smontarlo il meno possibile. Per ultimi unire i semi di papavero. Imburrare e infarinare uno stampo da plum cake e cuocere a 180° per 40-45 minuti. Lasciare intiepidire e sformare. Preparare la glassa aggiungendo allo zucchero a velo il succo di limone poco alla volta in modo da ottenere la consistenza desiderata e colare generosamente.






giovedì 17 ottobre 2013

Macaron al tè matcha con ganache ai lamponi e rosa




"Piccolo dolce secco e morbido dalla forma rotonda fatto con pasta di mandorle, zucchero e albumi": questa è la definizione quasi "scientifica" del macaron che riporta la celebre enciclopedia gastronomica Larousse. Ma i macaron sono  molto di più: semplice ed elegante il loro aspetto declinato in varie sfumature di colori, dolce e delicato il loro gusto, morbido e cremoso sotto la sottile crosta il loro cuore in cui meringa e ganache diventano tutt'uno. Sulla nascita di questo amaretto morbido esistono diverse versioni, la più attendibile la colloca nell'VIII secolo a Venezia, da dove poi intorno al 1500 il macaron sarebbe approdato in Francia per volere di Caterina de' Medici. Altre fonti fissano la nascita nel 1791 e attribuiscono la ricetta a due suore di un monastero di Nancy, che continuarono a produrre macaron e a venderli porta a porta per pagarsi da vivere. Alle due suore è stata addirittura dedicata una via, rue de Soeurs Macarons appunto, e nella omonima Maison si continuano a produrre questi pasticcini con la stessa formula. E' solo verso il 1830, comunque, che il macaron comincia ad essere accoppiato due a due e farcito con marmellata, liquori e spezie; la versione che oggi conosciamo è il Gerbert ed è stato inventato dalla Pâtisserie Ladurée. Ma il vero sovrano incontrastato del macaron è Pierre Hermé che continua a sperimentare insolite combinazioni di gusti della farcia, sconfinando anche nel salato. Nessuno meglio di lui è in grado di parlare dei macaron e dell'incredibile esperienza gustativa che ci sanno regalare: "I macaron non hanno che pochi grammi per emozionare i nostri sensi. Devono essere rotondi, leggermente bombati, con un bel colore cangiante. Con gli occhi già ti viene voglia di divorarli. Le dita accarezzano la loro superficie liscia. Appena si morde la loro sottile calotta crostosa, le narici si inebriano e le orecchie si emozionano. E a quel punto si sente in bocca una grazia delicata, una semplice dolcezza".




Per questi macaron ho usato la ricetta del pasticcere spagnolo Paco Torreblanca. Amo la bombatura più accentuata del guscio dovuta ad una maggiore montatura della meringa. Come colorante ho usato il tè matcha, che dona al macaron una delicata sfumatura di verde; cerco sempre di scegliere coloranti naturali sia perché sono contraria all'uso di sostanze sintetiche sia perché non amo quei colori così sgargianti che è molto facile trovare nelle vetrine delle pasticcerie più alla moda. Per la farcitura ho scelto l'ottima ricetta della ganache montata di Mercotte, un'altra istituzione nel mondo dei macaron, che ho aromatizzato con purea di lamponi e acqua di rose.




sabato 5 ottobre 2013

Mini fondant autunnali alle castagne





Amo ottobre perché, oltre ad essere il mese in cui sono nata, spesso regala giornate dorate con il cielo più terso dell'anno, colori saturi e luce intensa. Purtroppo non è certo il caso di questo inizio di mese che sembra preludere già ad un autunno inoltrato, grigio e piovoso, ma d'altra parte "non sempre può essere estate" (Hermann Hesse Inizio d'autunno). Del resto non mi dispiace l'idea di trascorrere più tempo in casa per dedicarmi a quelle attività che d'estate normalmente trascuro e che in questi mesi diventano una grande fonte d'energia per il corpo e soprattutto per la mente.
L'ispirazione per questi dolcetti, perfetti per accompagnare un tè in giornate uggiose come oggi, è nata nell'istante esatto in cui i miei occhi si sono posati su degli stampini da Gugelhupf, che mi hanno subito richiamato alla memoria una bella ricetta adocchiata un paio di anni fa sul blog fotoefornelli e che per la sua realizzazione aspettava solo le giuste formine. Sì perché secondo me, soprattutto in pasticceria, il sapore ha un legame profondo e misterioso con la forma. In questo caso, ad esempio, sconsiglio di usare i classici stampi da muffin, in quanto il cuore tipicamente umido del fondant potrebbe non cuocere bene e, quindi, risultare troppo bagnato. Per l'impasto avanzato ho usato, invece, degli stampini da madeleine e il risultato mi sembra buono oltre che esteticamente gradevole.
Alla ricetta originale, tratta a sua volta da un blog tedesco, ho apportato qualche modifica al dosaggio degli ingredienti (burro e zucchero) ed al procedimento.


Per circa 20 mini fondant

150 g farina di castagne
  50 g farina 00
  70 g burro
  50 g olio
100 g zucchero
    4    uova
200 g latte
  80 g gocce di cioccolato

1. Setacciare bene le farine per eliminare gli eventuali grumi di quella di castagne. Separare i tuorli dagli albumi e montare quest'ultimi con metà dello zucchero fino ad ottenere una meringa lucida e morbida.
2. Lavorare i tuorli con lo zucchero rimasto, aggiungere le farine e di seguito il burro fuso, l'olio ed il latte, fino ad ottenere un composto ben omogeneo.
3. Incorporare gradualmente gli albumi ed infine le gocce di cioccolato, precedentemente infarinate per evitare che vadano sul fondo dello stampo. Distribuire l'impasto negli stampini senza riempirli fino al bordo e infornare a 180° per circa 20 minuti. Aspettare che si intiepidiscano prima di sformarli, spolverare di zucchero a velo o glassare al cioccolato (fortemente consigliato!).










mercoledì 25 settembre 2013

Un dolce per ricordare: Torta delle rose con crema pasticcera


La tradizione narra che la torta delle rose sia nata a Mantova nel 1490 per festeggiare le nozze tra Francesco II Gonzaga e Isabella d'Este. La sua incredibile morbidezza e il profumo di burro, che si cela nelle volute dei suoi boccioli, conquistò a tal punto la sposa che, come vuole la leggenda, da allora prese ad accogliere gli ospiti della corte dei Gonzaga, molto nota all'epoca per i suoi fastosi banchetti e i piatti elaborati, con una rosa appena sfornata. Storia e leggenda hanno fatto sì che la ricetta di questa torta, che ci parla d'altri tempi, sia stata sapientemente tramandata di generazione in generazione.
Oltre al fascino della tradizione la torta delle rose ha per me un significato speciale: non posso nominarlo senza che la memoria torni ai pomeriggi trascorsi nella cucina della golosissima nonna Lina a preparare l'impasto e montare generose quantità di crema burro sotto la sua accurata e benevola supervisione. Questo dolce parla, dunque, un po' di me e soprattutto di questa nonna, che mi ha trasmesso il piacere di stare in cucina oltre ad un'incredibile quantità di ricette dal gusto antico e ormai perduto. Da quando lei non c'è più non mi sono mai sentita di rifarlo - fino a poco tempo fa era uno dei pochi dolci del mio repertorio, prima di scoprire la pasticceria moderna- nel timore che avrebbe perso tutto il suo incantevole sapore, insomma che sarebbe stata tutta un'altra cosa. Forse anche per questo motivo, almeno per la prima volta dopo tanti anni, ho deciso di sostituire alla classica versione con la crema burro una non meno gustosa farcitura di crema pasticcera.
L'altra novità è l'impasto lievitato naturalmente, scelta ormai obbligata visto che da circa  tre anni sono "accuditrice", a volte ahimé un po' negligente, di pasta madre. In questo caso ho rielaborato una ricetta di profumodibiscotti, per il procedimento mi sono affidata, come sempre ormai per i lievitati, all'infallibile aniceecannella.


Per una teglia di 26 cm di diametro

Impasto a lievitazione naturale 
130 g pasta madre
120 g latte
400 g farina 00 W330 (oppure 50% 00, 50% manitoba comune)
  50 g zucchero
  60 g burro
    2    uova
    1    presa di sale

Crema pasticcera profumata al limone
400 g latte
    6    tuorli
  80 g zucchero
  30 g amido di mais
    1    limone
   1/2  baccello di vaniglia

1. Sciogliere la PM in 60 g di latte tiepido con un cucchiaio di zucchero e unire 100 g di farina. Arrotondare, incidere a croce, coprire con la pellicola e far lievitare per ca. un'ora o comunque fino al raddoppio (io per necessità di tempo ho posto in forno spento con luce accesa).
2. Intanto preparare la crema: portare ad ebollizione il latte con le scorze del limone; amalgamare con la frusta i tuorli con lo zucchero, la vaniglia e l'amido e stemperare un po' di succo di limone. Incorporare gradualmente il latte precedentemente filtrato, mescolando sempre. Far cuocere a fuoco basso, continuando a mescolare, fino a quando la crema raggiunge il grado di densità desiderato. Far raffreddare velocemente in un bagnomaria di acqua fredda, ricoprire con pellicola a contatto e riporre in frigo.
3. Riprendere l'impasto con la foglia, alternando il latte rimasto, zucchero, uova fino ad assorbimento e inserendo ogni volta farina quanto basta per incordare (nell'ultimo inserimento con il sale) e tenendone un po' da parte per la fase finale. Aggiungere il burro a pezzetti in 3 volte fino a completo assorbimento, ribaltando l'impasto ogni tanto, e la farina rimanente. Inserire il gancio e far incordare bene. Arrotondare, coprire con pellicola e far lievitare fino a raddoppio.
4. Stendere l'impasto in un rettangolo lungo e abbastanza stretto ad uno spessore di ca. 1/2 cm, spalmarvi sopra la crema e arrotolare dal lato lungo. Con una spatola tagliare i boccioli di rosa, lunghi ca. 6-7 cm,  o comunque a seconda di quanto li si vogliano grandi; riporre i boccioli ad una certa distanza l'uno dall'altro in una teglia rivestita di carta forno e far lievitare di nuovo finché i boccioli non si toccheranno.
5. Cuocere a 180° per 35/40 minuti
6. Inutile dirlo, sarà difficile resistere al profumo sparso per casa, gustare ancora tiepida!



venerdì 20 settembre 2013

Un classico della pasticceria francese: Tartelettes al limone meringate


Sono sempre stata golosa, ho una buona memoria gustativa, perciò molti dei miei ricordi sono legati al cibo e in particolare ai dolci. Il mio primo incontro con la pasticceria vera e propria, che andasse al di là delle torte della tradizione di casa, è avvenuto in Austria, meta di numerose vacanze con la famiglia. Come non rimanere rapiti e sopraffatti davanti al vastissimo assortimento di torte superfarcite e sormontate da chili di panna tipo Foresta Nera? L'entusiasmo iniziale lasciava, però, troppo presto spazio ad un senso di pienezza tale da non riuscire spesso neanche a finire l'agognata fetta. Nonostante continui ad amare alcuni dolci tipici della tradizione austriaca e tedesca, di cui spesso parlerò su queste pagine, ritengo che la Pasticceria con la P maiuscola sia quella francese, per la sua varietà, la qualità degli ingredienti di base, la raffinatezza nell'abbinare sapori e l'eleganza nella presentazione.
Tra i grandi classici della tradizione dolciaria d'oltralpe la torta al limone meringata è sicuramente uno dei miei preferiti. La combinazione del gusto acidulo della crema al limone con la dolcezza assoluta della meringa è davvero interessante per l'equilibrio che riesce a donare al dolce nel suo insieme. A completare l'opera un guscio friabile di pasta frolla - che può essere arricchita da farina di mandorle o nocciole- che avvolge la cremosità dei due composti.
Molto elegante sia nella versione tarte che tartelette grazie alle morbide e dorate onde di meringa, è un dolce non particolarmente impegnativo ma di grande effetto e facilmente abbinabile a diversi tipi di menu.


Per 6 tartelettes

Pasta sucrée (da una ricetta di Pierre Hermé)
160 g burro
  40 g mandorle in polvere
100 g zucchero a velo
     2   uova + 1  tuorlo
300 g farina 00
   1/2 baccello di vaniglia
         la scorza di un limone
         una presa di sale

Crema al limone (da una ricetta di Salvatore De Riso)
  80 g tuorli 
  60 g zucchero
  80 g succo di limone
  60 g burro

Meringa italiana
  90 g albumi
170 g zucchero semolato
  50 g acqua

1. Per la pasta sucrée (si può preparare anche il giorno prima e conservare in frigo): lavorare il burro a pomata con lo zucchero a velo, aggiungere le mandorle in polvere, il sale, la vaniglia e la buccia grattugiata del limone. Di seguito unire l'uovo e il tuorlo e la farina senza lavorare troppo l'impasto. Appiattire, ricoprire con la pellicola e far riposare in frigo un paio d'ore (meglio ancora una notte).
2. Per la crema al limone: spremere il succo dei limoni e porre la scorza precedentemente grattugiata in infusione nel succo per 20 minuti. Sbattere i tuorli con lo zucchero e diluirvi 60 g di succo di limone passato al setaccio. Porre sul fuoco e cuocere mescolando sempre fino a 82° o a velatura del cucchiaio. Bloccare la cottura immergendo il pentolino in un recipiente di acqua fredda. Mixare per circa 1 minuto fino ad ottenere una crema liscia. Raffreddare fino a 50° ed incorporare il burro a pezzetti. Emulsionare con il mixer e coprire con pellicola a contatto diretto con la crema. Far raffreddare un paio d'ore in frigo.
4. Scaldare il forno a 180°. Stendere la pasta finemente (non più di mezzo cm) e rivestire gli stampini imburrati e infarinati. Riporre in frigo per 15-20 minuti, coprire la pasta di carta forno e pesi di cottura ( vanno bene anche ceci o fagioli) e cuocere in bianco per 15 minuti fino a doratura della pasta. Far raffreddare.
5. Per la meringa: far bollire l'acqua con lo zucchero a 121°; intanto montare gli albumi prima a velocità moderata, quando assumeranno un aspetto schiumoso aumentare la velocità e versare lo zucchero in tre volte incrementando gradualmente la velocità. Dovranno risultare sodi e brillanti e, sollevando la frusta, dovranno formare il tipico bec d'oiseau, ovvero una punta a forma appunto di becco.
6. Riempire i gusci di pasta sucrée con la crema al limone, distribuirvi sopra la meringa con una sac à poche e dorare leggermente con il cannello o passare sotto il grill del forno a 200-220° per un paio di minuti. 



venerdì 13 settembre 2013

Un dolce per salutare l'estate: Entremet al Moscato d'Asti, pesche gialle e lavanda




Per salutare quest'estate che si sta allontanando ho pensato di parlare di un dolce dal gusto delicato, la cui ideazione e preparazione mi ha molto appassionata. Si tratta di un entremet monoporzione, parola francese che indica  un dessert composto da diversi strati - come mousse, bavaresi, cremosi, biscuit e rivestito il più delle volte da glasse a specchio- e che in italiano corrisponde al concetto di "torta moderna", ossia una torta che rivisita anche sapori tradizionali in chiave appunto moderna, attribuendo grande importanza all'eleganza della presentazione.
L'idea di questa monoporzione nasce dalla bellissima Torta Canelli di Luca Montersino, che prende il nome dal famoso Moscato bianco prodotto nel territorio di Canelli di Asti, un vino dolce particolarmente fragrante ed aromatico (da non confondere con lo spumante) che è il protagonista assoluto di questo dessert. In particolare ho utilizzato la ricetta della gelatina al Moscato, cui ho aggiunto fiori di lavanda, mentre per la bavarese, sempre al Moscato, mi sono affidata all'impeccabile Paco Torreblanca, rielaborando la sua fantastica mousse allo champagne. Al suo interno ho posto un cuore di gelée alla pesca, un abbinamento ispirato al Bellini, pur avendo usato in questo caso pesche gialle e non bianche come prevede il noto cocktail dell'Harry's Bar. Per la base ho sostituito il classico biscuit con degli amaretti sbriciolati, d'estate lo faccio spesso per evitare di usare il forno... L'utilizzo della lavanda, ormai molto diffuso in pasticceria in combinazione proprio con le pesche sotto diverse forme (biscotti, gelato, confettura), mi ha entusiasmata. Sperimentandola per la prima volta in cucina e temendo che il suo profumo fosse eccessivamente dominante, questa volta ho preferito non esagerare; il risultato mi è parso delicato e piacevole, ma forse si può osare di più.

Per 6-8 monoporzione

Base tipo "cheesecake"
150 g amaretti
100 g biscotti (tipo digestive)
  90 g burro fuso

Gelée di pesca
400 g purea di pesca
 80 g zucchero
6-7 g gelatina in fogli
qualche cucchiaino di succo di limone

Bavarese al Moscato d'Asti 
300 g Moscato
  40 g zucchero
140 g tuorli
  20 g succo limone
  10 g gelatina in fogli
500 g panna semimontata

Gelée al Moscato e lavanda
230 g Moscato
  45 g miele
  10 g gelatina in fogli
un cucchiaio di fiori di lavanda essiccati

1. Per la gelèe: idratare la gelatina in acqua fredda. Scaldare un terzo della purea, unire lo zucchero, il succo di limone e la gelatina. Amalgamare bene e aggiungere al resto della purea. Versare all'interno di un quadro in acciaio e congelare.
2. Per la base: sminuzzare biscotti ed amaretti nel mixer e amalgamare bene con il burro. Riporre il tutto sul fondo di anelli per monoporzione (7-8 cm diametro) rivestiti di acetato e livellare. Far raffreddare bene.
3. Per la bavarese: idratare la gelatina; scaldare il Moscato con il succo di limone senza superare i 70°. A parte mescolare i tuorli con lo zucchero e sbianchire. Versare sopra gradualmente il Moscato caldo e finire di cuocere a 85°. Abbassare a 65°, unire la gelatina ben strizzata e asciugata. Setacciare e far scendere a 30°. Solo allora unire la panna semimontata, prima solo qualche cucchiaiata per rendere più fluido il composto, poi in più volte il resto, mescolando dal basso verso l'alto. Versare all'interno degli anelli e congelare.
4. Per la gelée al Moscato: idratare la gelatina. Scaldare parte del Moscato a 70° con i fiori di lavanda e sciogliervi il miele.  Setacciare ed aggiungere la gelatina strizzata amalgamando bene. Unire il resto del Moscato e qualche fiore di lavanda. Far raffreddare e versare sulla bavarese congelata - prima di sformare dagli anelli - avendo precedentemente disposto delle fettine sottili di pesca (consiglio delle pesche noci). Far rapprendere in frigo.

P.S. Il dolce nella foto è una versione precedente, senza la gelée di Moscato, ma servita con una dadolata di pesche profumate alla lavanda







sabato 7 settembre 2013

Di pasticceria, arte e... un po' di storia

"Le belle arti sono cinque e cioè: la pittura, la scultura, la musica, la poesia e l'architettura, che ha come suo ramo principale la pasticceria". Marie Antoine Carême

Quando ho letto per la prima volta questa frase, ho pensato che riflettesse perfettamente la mia concezione di pasticceria. Credo di essere un'amante del bello, il che può considerarsi una fortuna ma anche una sfortuna, visto che il "bello" in fondo è un ideale al quale è possibile solo avvicinarsi e che per questo crea non poche frustrazioni.


Marie Antoine Carême, uno dei più noti pasticceri e cuochi francesi vissuto tra il '700 e l'800, ne sapeva qualcosa, di quanto fosse importante applicare la categoria del bello al gusto e dedicò la sua vita a perfezionare l'arte culinaria francese, in particolare la pasticceria che, pur avendo raggiunto il suo apice, secondo lui aveva bisogno di un rinnovamento nella presentazione. Divenne infatti famoso per i cosiddetti pièces montées, vere e proprie opere d'arte fatte di zucchero, marzapane, torroni e meringhe alte anche più di un metro e per le quali si ispirava a strutture architettoniche tratte da testi di architettura. L'interesse per l'estetica delle sue creazioni non andò comunque assolutamente a discapito del gusto: Carême, autore tra l'altro di uno dei più importanti testi di gastronomia della storia, applicò in cucina il concetto pittorico di "valore" secondo il quale sapori ed odori non devono essere giudicati in assoluto ma per il rapporto che si crea tra di essi. In entrambi i casi si trattava di rivoluzioni per le quali  Carême è riconosciuto come uno degli inventori della pasticceria moderna.
Convinta sostenitrice de "l'occhio vuole la sua parte" anche in cucina... ma solo se c'è gusto, comincio questo viaggio da qui. Spero di poterlo condividere con chi, come me, è goloso, coraggioso nello sperimentare insoliti ingredienti, curioso di nuove ed inaspettate combinazioni di sapori e, perché no, pensa che il cibo possa, anzi debba, appagare più sensi contemporaneamente.